Obbligazioni

Quando parliamo di obbligazioni (potremmo incontrarle anche con il nome inglese, bond), ci riferiamo a titoli di debito che vengono emessi da società private, da enti pubblici e anche da stati sovrani. Anche gli organismi di governo e rappresentanza intermedi (pensiamo agli stati americani, oppure ai lander tedeschi ma anche alle nostre regioni) possono emettere obbligazioni per sostenere spesa pubblica, obbligazioni che non sono in alcun modo legate a quelle dell’autorità statale federale o centrale.

Le obbligazioni funzionano tipicamente seguendo due canovacci:

  • nel primo caso chi detiene un titolo obbligazionario si vedrà rimborsare alla scadenza dello stesso sia il capitale, sia gli interessi maturati;
  • nel secondo caso invece gli interessi saranno corrisposti nel durante del rapporto, a scadenza regolare, e il capitale sarà invece restituito al termine del contratto.

Si tratta di una delle forme di investimento più gettonate dai risparmiatori, in quanto (anche se questo come vedremo più avanti dipende dall’emittente)i bond tendono ad essere a basso rischio e non sono soggetti alle fluttuazioni tipiche degli altri strumenti finanziari, come le azioni o i contratti derivati e futures.

Il mondo delle obbligazioni, nonostante veda la partecipazione di enti, organizzazioni e società molto diverse tra loro, negli anni si è relativamente uniformato ed ha reso le tipologie di contratto omogenee: sono poche ed identificabili facilmente e questo ci aiuta permettendoci di andare a scegliere in pochi minuti lo strumento che fa al caso nostro.

Vediamo quindi tutto ciò che c’è da sapere!

Perché esistono le obbligazioni?

Come ogni altro strumento finanziario disponibile oggi sui mercati, anche le obbligazioni si propongono di soddisfare un bisogno, sia per quanto riguarda l’ente emittente, sia per quanto riguarda invece il risparmiatore/investitore.

Le obbligazioni vengono tipicamente emesse da una qualunque organizzazione al fine di reperire liquidità sul mercato:

  • si può trattare di liquidità necessaria per interventi strutturali (è il caso tipico delle aziende che hanno bisogno di espandersi);
  • si può trattare, ed è il caso sempre più tipico per gli stati sovrani, di denaro che è invece necessario per le operazioni ordinarie, soprattutto in particolari congiunture durante le quali il gettito fiscale potrebbe essere ridotto o comunque insufficiente a coprire le spese da sostenere;
  • si può trattare anche, ed è il caso del grosso degli stati con un debito pubblico consistente, di operazioni che sono semplicemente tese a rifinanziare debito vecchio. Sono pochi gli stati, fatta eccezione per alcune realtà in via di sviluppo, che riescono a coprire i debiti precedentemente contratti e così i vecchi creditori vengono rimborsati facendo ricorso a nuovi prestiti

Per quanto riguarda invece il bisogno da soddisfare sul lato del risparmiatore/investitore, le obbligazioni permettono di acquisire titoli che pagheranno interessi stabili e certi (a meno che non fallisca l’emittente o diventi insolvente) e quindi di far fruttare capitali che sarebbero altrimenti lasciati a riposare in modo infruttifero su conti correnti o su conti deposito.

Non solo enti sovrani: anche le aziende ricorrono alle obbligazioni

Anche le aziende, soprattutto quelle di medie e grandi dimensioni e che sono comunque conosciute sulla piazza, possono emettere titoli obbligazionari allo scopo di approvvigionarsi di liquidità in modo diretto.

Non ci sono differenze sostanziali tra le obbligazioni statali e quelle invece private, se non nei limiti che il nostro ordinamento, per chi risiede fiscalmente in Italia, impone agli enti privati che emettono titoli di questo genere.

Ci si potrebbe giustamente chiedere il perché le banche non ricorrano direttamente al prestito bancario per finanziare operazioni ordinarie e straordinarie. La risposta è sicuramente complessa, anche se può essere riassunta lungo due direttrici principali:

  • il denaro che si riesce a radunare tramite obbligazioni è in genere più a buon mercato, nel senso che si riesce a strappare un tasso di interesse più vantaggioso presso il pubblico rispetto a quello che fornirebbe la banca;
  • spesso la precedente esposizione alle banche non permette di ottenere prestiti ulteriori, o comunque esporrebbe ulteriormente l’azienda nei confronti di banche che già detengono una quota consistente del loro debito.

I limiti alle emissioni da parte delle società private

Le società private, così come riportato dall’art. 2412 del Codice Civile, possono emettere titoli di debito o obbligazioni, che si tratti di titoli al portatore o nominativi, per una somma che però non può mai eccedere il doppio della somma del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve che sono disponibili secondo quanto riportato dall’ultimo bilancio.

Il limite, almeno nel passato, era facilmente aggirato dalle aziende semplicemente emettendo titoli di debito tramite controllate estere, ponendosi comunque a garanzia del titolo. Si tratta di un sistema che però non è più in grado di funzionare, in quanto dal 2005 è in vigore una norma che calcola, nel computo del limite, anche le garanzie prestate ad aziende controllate, equiparando le stesse a debito diretto.

I diversi tipi di obbligazioni attualmente disponibili sul mercato

Sul mercato sono attualmente disponibili diversi tipi di obbligazioni, che possono essere però categorizzate e raggruppate all’interno di tipologie standard di titolo.

Le obbligazioni callable

Si tratta delle obbligazioni esigibili anticipatamente (callable vuol dire appunto richiamabili). Sono titoli emessi a tasso fisso, che presentano all’interno del contratto una clausola che consente all’ente emittente di rimborsare l’obbligazione a piacimento prima della scadenza.

Si tratta di uno strumento di tutela per l’ente emittente, che può così saldare l’obbligazione nel caso in cui il tasso di interesse incorporato sia diventato più alto di quello di mercato, per poi tipicamente emettere nuove obbligazioni che permettono di avvantaggiarsi dei nuovi e più convenienti tassi di interesse.

La clausola però non è gratuita, nel senso che in genere questo tipo di obbligazioni vengono emesse con tassi che sono più alti di quelli di mercato al momento dell’emissione. Questo perché il mercato esige un premio maggiore per garantire all’ente emittente una clausola a suo esclusivo vantaggio.

Le obbligazioni convertibili

Sono obbligazioni che possono essere convertite in altri tipi di titoli (tipicamente azioni) di egual valore. La decisione non è in capo all’emittente, ma in capo al risparmiatore, che può in ogni momento decidere di convertire le obbligazioni nel titolo che viene indicato nel contratto dell’obbligazione stessa.

Facendo l’esempio tipico delle obbligazioni convertibili in azioni, il risparmiatore può decidere in qualunque momento di convertire le obbligazioni che detiene in azioni dell’azienda emittente (o di azienda terza indicata comunque sul contratto). Questo è il caso tipico che si verifica quando il prezzo delle azioni dell’azienda che emette il titolo sono aumentate di valore e potrebbero dunque offrire un guadagno sostanzioso all’investitore.

La conversione è in genere permessa in due modalità:

  • la modalità diretta è una conversione automatica tra titoli obbligazionari e azioni della stessa azienda che ha emesso il titolo, in un rapporto che viene fissato sul contratto dell’obbligazione stessa (es. 300 azioni per ogni obbligazione da 2.000 euro);
  • la modalità indiretta invece prevede la conversione del titolo obbligazionario in azioni di un’azienda terza.

La convertibilità può essere sospesa dall’emittente in alcuni periodi dell’anno, tipicamente durante la distribuzione degli utili oppure in presenza di momenti particolarmente delicati (può essere il caso di una OPA ostile, oppure di una scissione societaria).

Ci sono sicuramente dei vantaggi collegati alle obbligazioni convertibili:

  • nel caso di fallimento della società emittente le obbligazioni convertibili vengono rimborsate prima delle azioni;
  • possono essere utilizzate anche da coloro i quali avrebbero preferito un investimento di tipo azionario, utilizzando l’obbligazione in questione come paracadute;
  • in ultima istanza può permettere incassi anche sostanziosi nel caso in cui invece le azioni siano aumentate di valore.

Le obbligazioni convertende

Per quanto riguarda invece le obbligazioni convertende, siamo davanti ad un meccanismo molto simile a quello descritto sopra, con la differenza che questa volta il potere di convertire le obbligazioni in azioni è attribuito alla società emittente, o comunque a soggetti che sono diversi da chi ha il titolo in mano. Si tratta in genere di titoli che prevedono questa possibilità a vantaggio dell’azienda in situazioni categoricamente elencate nel contratto.

Obbligazioni cum warrant

Si tratta di obbligazioni che talvolta, erroneamente, vengono assimilate a quelle convertibili, in quanto permettono di entrare in possesso delle azioni della società che ha emesso il titolo obbligazionario.

In questo caso però quello che andremo a sottoscrivere non è soltanto un titolo obbligazionario, ma anche un titolo separato, che è il warrant. I due titoli seguono sorti separate e possono avere anche durata diversa.

Tramite il warrant, che è un contratto di diversa natura rispetto all’obbligazione, si ha il diritto di esercitare un’opzione d’acquisto di determinate azioni ad un determinato prezzo, entro il termine naturale del warrant stesso. Le azioni che vengono però acquistate in questo modo sono sempre e soltanto azioni di nuova emissione.

Si tratta di un tipo di obbligazione che può interessare chi crede che l’azienda emittente sia destinata ad aumentare di valore nel futuro, con il valore delle azioni che potrebbe essere molto più alto di quello che invece era il prezzo di scambio al momento dell’acquisto del warrant.

Le obbligazioni a tasso fisso o a cedola fissa

Il mondo delle obbligazioni a tasso fisso è in realtà piuttosto complesso, nonostante il nome scelto per questo contratto possa far pensare il contrario. Si tratta di obbligazioni che vedono abbinate al contratto il riconoscimento di un tasso di interesse fisso, nel senso che non segue l’andamento di quello di mercato.

Al suo interno però possiamo trovare diversi tipi di obbligazioni, in relazione all’andamento del tasso di interesse per la durata del titolo:

  • abbiamo le obbligazioni a tasso fisso standard: il tasso di interesse rimane costante per tutta la durata dell’obbligazione;
  • abbiamo le obbligazioni a tasso fisso step up: il tasso di interesse sale con l’avvicinarsi della data di scadenza;
  • ci sono infine le obbligazioni a tasso fisso step down: in questo caso invece il tasso di interesse scende all’avvicinarsi della scadenza.

Le obbligazioni a tasso o cedola variabile

Le obbligazioni a tasso variabile vedono invece il tasso di remunerazione legato ad un rendimento calcolato su un parametro di riferimento. Ci sono obbligazioni a tasso variabile calcolate sul rapporto di cambio di una determinata valuta, quelle che vedono invece l’interesse seguire l’andamento delle materie prime, oppure semplicemente quelle che seguono tassi di mercato, comunque indicati sul contratto.

Si tratta di obbligazioni molto diverse per genere e per tipo, che vengono raggruppate sotto questa categoria al solo fine di indicare l’alea incorporata con il titolo: non si riscuote un tasso prestabilito, ma piuttosto quanto sarà calcolato con il rendimento di riferimento.

Le obbligazioni strutturate

Quando parliamo di obbligazioni strutturate ci riferiamo invece a titoli che, evitando le minuzie finanziarie e legali, hanno un rendimento che è legato al verificarsi (o al non verificarsi) di determinati eventi. Le condizioni sono sempre indicate nel contratto e a seconda del tipo di trigger/evento che le condiziona si possono riassumere in:

  • Equity linked: si tratta di obbligazioni che hanno capitale garantito, che sono collegate però ad un derivato, il cui rendimento è una funzione dell’andamento del mercato azionario di riferimento. Il premio diventa in questo caso opzionale ed è collegato all’andamento delle borse. Il capitale invece viene sicuramente restituito, nella quantità che è stata fornita al momento dell’acquisto del titolo;
  • Reverse Floater: obbligazioni di lungo termine (almeno 10 anni) a tasso variabile, che hanno un rendimento che è inverso rispetto a quello dei tassi di interesse di mercato. Viene abbinato ad uno swap al fine di raggiungere questo tipo di risultato ed è un buon modo per investire se si crede che i tassi, dal momento dell’acquisto del titolo in avanti, saranno destinati a scendere

Esistono in realtà molti altri tipi di obbligazioni strutturate, e si tratta di strumenti che non possono essere assolutamente considerati come investimenti a basso rischio, perlomeno per le versioni a capitale non garantito.

Si tratta di curiosi ibridi tra il titolo obbligazionario e il derivato, che hanno vissuto momenti di enorme popolarità anche tra i risparmiatori, fino alla recente crisi economica.

Oggi vengono visti, talvolta a ragione talvolta meno, come titoli rischiosi e non adatti per il risparmiatore tipo, che viene indirizzato verso altri tipi di obbligazione.

Le obbligazioni zero coupon

Le obbligazioni zero coupon (dove coupon sta appunto per cedola) sono dei particolari titoli che non prevedono il rimborso di interessi per la durata del contratto, ma piuttosto la restituzione del capitale e degli interessi in un’unica soluzione, tendenzialmente al termine naturale del contratto.

Il rendimento è dato dalla differenza tra il rimborso che si riceverà al termine del contratto e la somma che è stata investita e si può facilmente calcolare con la seguente formula:

  • ( RIMBORSO – CAPITALE INVESTITO) / CAPITALE INVESTITO, ovvero facendo l’esempio di un titolo obbligazionario Zero Coupon con capitale investito di 1.000 euro e capitale di rimborso ricevuto di 1.050 euro == (1050 – 1000) / 1000 == 50 / 1000 = 5%

Al rendimento così calcolato vanno sottratte anche le ritenute fiscali.

Il BOT emesso dalla Repubblica Italiana è uno dei titoli zero coupon più comuni tra quelli che vengono proposti al risparmiatore. Ne parleremo, anche in questo caso, poco più avanti.

La duration

L’invasione dell’inglese finanziario non ha risparmiato neanche le obbligazioni e chi si sia avvicinato, anche da principiante totale, a questo mondo, avrà sicuramente sentito parlare di duration.

Altro non è che l’indicatore della durata finanziaria di un titolo, scontata dei pagamenti intermedi (tipicamente le cedole) ed è uno strumento importantissimo per valutare il rischio di un determinato titolo obbligazionario.

Si tratta di un concetto facile da capire ma difficile da calcolare, anche se è di fondamentale importanza, sia per chi volesse intervenire sul mercato secondario delle obbligazioni, sia per chi volesse simulare potenziali andamenti dei titolo di nuova emissione.

Matematicamente parlando siamo davanti alla somma delle durate dei flussi del titolo, che viene ponderata per il valore al momento in cui si calcola degli incassi, il tutto diviso per il prezzo del titolo.

Il risultato di questo calcolo è espresso in anno e in frazioni di anni e sta a significare la durata che è necessaria per rientrare dell’investimento del titolo.

Per quanto riguarda invece i titoli zero coupon, dato che questi non emettono pagamenti intermedi, la loro vita finanziaria o duration coincide esattamente con il termine naturale dell’obbligazione, ovvero con il termine al quale verranno rimborsati sia il capitale investito, sia gli interessi maturati.

La duration, senza entrare in discussioni di carattere matematico-finanziario che a questo punto della discussione gioverebbero davvero poco, è un’indicatore preciso della reattività del titolo al cambiamento delle condizioni economiche di riferimento, su tutte le turbolenze dei tassi di interesse.

Più la duration è alta, più il titolo sarà reattivo e più ovviamente il risparmiatore sarà esposto ai rischi connessi.

La modified duration

La duration modificata inoltre permette di calcolare la durata media finanziaria di un titolo obbligazionario, non però in relazione ad un solo tasso, come nel caso precedente, ma in relazione ad una intera curva di tassi.

Al contrario di quanto avviene con la duration normale, in questo caso otterremo un valore che non è la durata del titolo in anni ponderato per i rendimenti, ma piuttosto un valore che ci permette di calcolare in modo molto semplice quale sarà la variazione del prezzo del titolo in relazione al rendimento di riferimento.

Come calcolare il prezzo delle obbligazioni

Essere capaci di calcolare il prezzo di un’obbligazione in qualunque momento della sua vita è di fondamentale importanza, per il fatto che le obbligazioni possono comunque essere commerciate e non è necessario assolutamente aspettare la fine naturale del contratto per portare a casa dei guadagni (o delle perdite).

Dato che come praticamente ogni tipo di contratto anche le obbligazioni (di qualunque tipo) sono commerciabili, sarà utile cercare anche di capire quali sono i fattori che possono influenzarne il prezzo e quali sono invece i fattori che possono permetterci di realizzare guadagni non solo grazie alle cedole o all’eventuale pagamento di interessi alla fine del contratto (in stile zero coupon), ma anche durante la vita del titolo stesso.

Le obbligazioni possono essere vendute ad un prezzo inferiore rispetto al valore nominale, ad un prezzo identico rispetto al valore nominale e anche ad un prezzo più alto.

Si tratta di condizioni che non sono nella nostra disponibilità, ma che dovranno per forza di cose fare i conti con quello che è l’andamento di mercato:

  • un titolo obbligazionario che presenta ad esempio un tasso di interesse che è superiore a quello attuale di mercato sarà più appetibile per gli investitori e potrà dunque essere venduto senza troppi problemi a prezzi più alti del valore nominale del titolo stesso;
  • un titolo obbligazionario che viceversa viene venduto mentre tasso di interesse incorporato è inferiore ai tassi di mercato, sarà meno appetibile e dovrà essere venduto con ogni probabilità a prezzi inferiori rispetto al valore del capitale investito.

In breve, il valore di un’obbligazione è determinato dal valore di tutti i coupon o cedole che si riscuoteranno dal momento in cui si fa il calcolo fino al termine naturale del titolo, in aggiunta al valore della somma investita, il tutto aggiustato per il tasso di interesse e per la sua relazione con i tassi di interesse attualmente vigenti.

La chiave sta dunque nella differenza tra quello che è il tasso incorporato nel titolo (soprattutto se a tasso fisso) e il tasso che si potrebbe ottenere con l’acquisto di un titolo equivalente.

Come si valuta la bontà di un’obbligazione

Sebbene si tratti dei titoli forse più semplici tra quelli accessibili al pubblico, valutare la bontà di questa o quella obbligazione non è sempre qualcosa di semplice.

Ci sono infatti diverse variabili da tenere in considerazione prima di acquistare un’obbligazione e soprattutto sono diverse anche le considerazioni da fare per quanto riguarda la rischiosità del titolo che abbiamo acquistato.

Il rischio emittente

Ogni investimento è soggetto a rischio. Nel caso delle obbligazioni il caso tipico può essere quello del fallimento dell’emittente, oppure il caso della necessità di una ristrutturazione del debito che renda inesigibili i titoli scaduti, che vengono in genere rimandati a data da destinarsi.

Si tratta di eventualità che devono essere prese in considerazione anche quando l’emittente è all’apparenza solido (pensiamo al caso recente dell’Argentina, o anche a quello delle obbligazioni venezuelane), soprattutto nel caso in cui l’emittente sia privato (i fallimenti nel settore privato si verificano molto più di frequente).

Ovviamente la valutazione del rischio emittente va “spalmata” su tutti gli anni di durata dell’obbligazione e la crescita del rischio dovrebbe essere inoltre considerata come esponenziale e non come lineare.

Uno strumento (relativamente) utile: il rating

Uno strumento relativamente utile per valutare il rischio emittente è il rating. Si tratta di brevi formule (in genere indicate in lettere che partono da AAA per indicare gli emittenti estremamente affidabili) che permettono di avere immediatamente una valutazione del rischio dell’ente che ha emesso le obbligazioni.

I rating più seguiti dal mondo sono quelli diffusi dalle agenzie Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch e sono in grado di modificare sostanzialmente il valore di un titolo semplicemente effettuando un downgrade anche minimo.

L’affidabilità dell’emittente e lo spread

Fino a qualche tempo fa era su tutti i giornali e sulla bocca anche di chi di finanza non si era mai interessato. Sì, lo spread, una nozione sconosciuta ai più che ha martoriato gli italiani per mesi e che altrettanto rapidamente è uscita dal discorso pubblico.

Lo spread è semplicemente la differenza di rendimento di un titolo rispetto ad al rendimento di un titolo ritenuto il termine di paragone in quanto estremamente stabile.

Quando il problema riguardava l’Italia, il rendimento di riferimento fu quello dei titoli di stato tedeschi, che continuano ad essere anche oggi tra i titoli più affidabili del mondo.

Lo spread può essere utilizzato anche per valutare l’affidabilità degli enti privati che emettono titolo di debito: in questo caso in genere si calcola partendo dal riferimento del relativo titolo di stato.

Più lo spread è alto, più l’emittente del titolo è da ritenersi non affidabile.

Ancora sul valore dell’obbligazione: la liquidità

Quando parliamo di liquidità riferita a contratti o a titoli ci riferiamo alla possibilità di vendere nell’immediato il titolo stesso sul mercato secondario.

Ci sono titoli che sono estremamente liquidi e che possono essere convertiti in moneta legale in pochi minuti, mentre ci sono titoli che richiedono più tempo per essere smerciati.

Un buon riferimento per valutare la liquidità di un determinato titolo obbligazionario è il volume degli scambi quotidiano sul mercato secondario. Più un titolo viene scambiato, più sarà facile vendere il proprio quando ne sorgerà la necessità o la convenienza.

Quando conviene investire in obbligazioni?

Non sempre conviene investire in obbligazioni e la decisione non può prescindere dall’analisi non solo dei marcati, ma anche delle nostre personali convinzioni e aspettative.

Diversi tipi di obbligazioni corrispondono a diversi profili di investimento e non esiste sicuramente un titolo in grado di soddisfare le necessità di tutti gli operatori di mercato.

Cercheremo dunque di analizzare quantomeno le obbligazioni che più di frequente vengono proposte dalle banche nonché quelle che sono più apprezzate dal pubblico.

Le obbligazioni statali: paesi economicamente solidi

L’obbligazione per eccellenza è quella emessa dalle autorità sovrane e con riferimento a realtà economiche solide e sviluppate. Può essere il caso degli Stati Uniti e del Canada, oppure del grosso dei paesi dell’area euro, seppur con le dovute distinzioni.

Le obbligazioni di questo tipo sono in genere affidabili e a basso rischio, con la conseguenza che anche sui prodotti a lunghissima scadenza gli interessi da portare a casa sono sicuramente poco interessanti.

Le obbligazioni dei paesi sviluppati sono titoli obbligazionari che sono forse il più sicuro rifugio nel mondo della finanza e sono sicuramente indicate nel caso in cui la tua propensione al rischio fosse bassa.

Le obbligazioni dei paesi in via di sviluppo

In questo caso le cose si fanno leggermente più interessanti: siamo infatti davanti a realtà che promettono in genere bene e che sono in grado di offrire ritorni sicuramente interessanti a livello di tassi di interesse. Bisognerebbe però avere quantomeno tre accortezze principali:

  • dare un’occhiata al rating dell’emittente e soprattutto all’outlook;
  • evitare, a meno che il rischio di perdere capitale non sia poi qualcosa che abbiamo la necessità assoluta di escludere, i titoli a lunghissima scadenza;
  • controllare la valuta di emissione: il rischio nei titoli nominalmente emessi con la valuta locale è il crollo della stessa. Per fare un esempio pratico negli ultimi 5 anni la lira turca ha perso circa il 50% del valore nei confronti dell’euro e lo stesso è avvenuto al rublo nel giro di pochissimi mesi. Le obbligazioni prezzate in valuta locale aggiungono il rischio monetario a titoli che sono di per se già piuttosto rischiosi.

I titoli emessi dai paesi in via di sviluppo propongono tassi di interesse sicuramente più interessanti di quelli che vengono in genere proposti dai pesi sviluppati, offrendo però al tempo stesso rischi sicuramente maggiori.

Le obbligazioni emesse dagli enti privati

Quando abbandoniamo il territorio delle obbligazioni statali per avventurarci in quello delle obbligazioni emesse da privati dobbiamo necessariamente cambiare paradigma e considerare fattori diversi nel giudicare la convenienza dell’investimento.

I fattori di rischio associati alle aziende private sono molto diversi non solo da azienda ad azienda, ma anche da settore a settore e al contrario di quanto avviene in genere per le autorità statali, le aziende possono fallire o comunque possono essere messe nelle condizioni di non poter far fronte ai debiti in modo relativamente rapido.

Questo non vuol dire assolutamente che le obbligazioni di emittente privato siano sempre da evitarsi, ma piuttosto che soprattutto in presenza di tassi di interesse molto elevati, sarebbe sicuramente il caso di indagare a fondo lo stato debitorio dell’azienda e soprattutto lo stato dei suoi affari.

Nonostante la legge imponga tra le altre cose limiti all’emissione di titoli di debito, questo non vuol dire che l’azienda che ha emesso il titolo sia necessariamente a posto sotto il profilo dei conti. Ogni azienda può infatti attingere al credito da diverse fonti e il fatto che possa ancora emettere ancora obbligazioni non è affatto garanzia di solidità.

Questo per quanto riguarda almeno le obbligazioni ordinarie a tasso fisso. Per il resto degli strumenti in genere utilizzati dalle imprese per approvvigionarsi di liquidità sul mercato, sarà necessario fare degli ulteriori distinguo.

Le obbligazioni strutturate / a tasso variabile / con derivati: quando è conveniente investire

All’interno delle obbligazioni dobbiamo ovviamente far rientrare tutte quelle obbligazioni di nuova generazione di cui abbiamo parlato poco sopra e che sono costituite da titoli obbligazionari il cui rendimento è legato ad altri sottostanti, oppure che vengono accompagnati da titoli paralleli (è il caso tipico del cum warrant).

Si tratta di strumenti dalla natura profondamente diversa e i fattori a cui dovremo badare per valutare la convenienza di questo tipo di obbligazione sono i seguenti:

  • solidità del sottostante: si trovano ormai sul mercato obbligazioni che hanno praticamente di tutto come sottostante, dalle materie prime, ai non energetici, passando per mercati azionari e anche indici derivati;
  • comprensibilità del titolo: se non capite di cosa è composto il vostro titolo, l’unica soluzione è lasciar perdere o mettersi a studiare. I titoli di cui non si capisce la composizione vanno lasciati lì dove li abbiamo trovati;
  • termine naturale dell’obbligazione: così come per gli altri tipi di obbligazioni trattati poco fa, più si va avanti con il tempo, più il rischio di rimanere con un pugno di mosche aumenta. Alcune obbligazioni di questo tipo possono avere anche scadenze oltre i 10 anni. A meno che non siamo tra coloro i quali amano rischiare forte, meglio lasciar perdere;
  • se le obbligazioni sono convertibili, certificarsi anche dello stato di salute dell’azienda e della possibilità che veda il suo valore di borsa crescere prima della scadenza dell’obbligazione;
  • se il capitale è garantito o meno: le obbligazioni a capitale garantito tendono ad offrire ritorni sicuramente meno interessanti, ma premettono comunque di avere la certezza della restituzione del capitale investito.

Gli strumenti sopra descritti sono senza alcun tipo di dubbio complessi e necessiterebbero di valutazioni estremamente attente.

Senza voler fare del terrorismo psicologico, è comunque corretto ricordarti di non fidarti di nessuno quando stai organizzando un investimento, neanche del promotore finanziario che sarebbe pronto a giurare di aver consigliato e venduto questo o quel titolo perfino a suo fratello!

Nessuno è al riparo: fare sempre i compiti a casa

Se c’è qualcosa che la crisi finanziaria che (forse) ci siamo appena lasciati alle spalle ci ha insegnato è che, al contrario del vecchio adagio, nessuno è too big to fail e che in determinate circostanze anche stati e grandi aziende, nonché i grandi gruppi bancari, possono soccombere sotto le avverse circostanze economiche.

Di questo insegnamento dovremmo cercare di fare tesoro anche durante la scelta delle obbligazioni che entreranno a far parte del nostro portafoglio di investimento.

Non ci sono stati che non possono fallire (chiedere a chi aveva in portafoglio obbligazioni greche), non ci sono banche che non possono fallire (chiedere agli azionisti di Banca Etruria) e non ci sono grandi gruppi al sicuro soltanto perché too big too fail (chiedere a chi aveva in pancia titoli Fannie Mae o Freddie Mac).

Si può guadagnare con le obbligazioni?

Certo che sì e nonostante gli spigoli (che abbiamo provato ad evidenziare poco sopra) le obbligazioni sono uno degli strumenti più versatili a tua disposizione per cominciare a far crescere il tuo capitale.

La parola d’ordine è diversificare e fidarsi poco dei titoli così complessi da avere sottostanti e/o principi di funzionamento difficili da capire e da spiegare anche per chi sta cercando di affibbiarvi il titolo.

Certo, i rendimenti delle obbligazioni super-sicure non saranno probabilmente in grado di rendervi milionari, ma sono comunque interessi solidi e costanti, che possono costituire una parte del nostro portafoglio della quale non dovremo preoccuparci eccessivamente.

Per il resto, l’investitore attento e che ha fatto i compiti a casa potrebbe anche trovare opportunità interessanti nel mercato delle obbligazioni di emittente privato o nei paesi in via di sviluppo.


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Laura Magistrale in Marketing e Comunicazione d’Impresa (2004) conseguita a pieni voti presso l’Università degli Studi di Torino e Master di II livello presso la Facoltà di Economia di Torino (2006). Scopri di più su Anna e la redazione qui

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