Gli OICR, sigla che indica Organismi di Investimento Collettivo di Risparmio, sono delle particolari strutture societarie, degli organismi che possono avere forme giuridiche particolarmente variegate, e che si preoccupano di raccogliere denaro tra il pubblico dei risparmiatori per investirlo secondo diversi tipi di strumenti finanziari.

Tendenzialmente l’attività degli OICR si espleta in due modalità:

  • Da un lato promuove, organizza e istituisce dei fondi comuni di investimento, gestendone non solo la creazione, ma anche la proposta al pubblico dei risparmiatori, gestendo al tempo stesso anche i rapporti con gli stessi.
  • Dall’altro gestisce il patrimonio della stessa OICR, andando ad investire in strumenti finanziari, titoli di credito/debito, e talvolta anche in beni mobili o immobili.

Dalla nostra introduzione sarà ormai chiaro che dentro la categoria degli OICR finiscono enti di gestione del risparmio e dell’investimento che possono essere anche molto diversi tra loro, e che comunque operano con modalità e su mercati estremamente eterogenei.

Non si parla infatti soltanto di finanza, ma anche di beni immobili, di beni mobili e anche di mercato dei crediti (tipicamente intervengono anche nel mercato dei titoli cartolarizzati).

Ma entriamo subito nel dettaglio.

Le due macro-categorie di OICR in Italia per la gestione collettiva del risparmio

In Italia l’ordinamento vigente prevede due tipi diversi, due macrocategorie entro le quali vanno inseriti tutti gli OICR:

  • I fondi comuni di investimento: in questo caso i capitali conferiti dagli investitori sono separati dal patrimonio sociale del fondo stesso. Sono gestiti dalle SGR e agli investitori vengono cedute quote di partecipazione al fondo, mentre la società SGR rimane completamente separata;
  • Le SICAV: le società di investimento a capitale variabile sono società che invece vedono gli investitori partecipare in modalità che sono simili, almeno concettualmente, alla società per azioni. Gli investitori infatti diventano proprietari di quote dirette della SICAV stessa, e non hanno patrimonio dunque separato tra fondo di investimento e società di gestione. Se vuoi saperne di più sulle SICAV clicca qui.

La differenza sopra, che se sei nuovo nel mondo degli investimenti potresti considerare una finezza (o un sofisma) di tipo giuridico, è in realtà di fondamentale importanza, sia per la gestione dell’investimento stesso, sia invece per quelle che possono essere le conseguenze del fallimento del primo tipo di OICR o del secondo tipo.

Il fondo comune di investimento

Il fondo comune di investimento è per il nostro ordinamento un istituto di intermediazione finanziaria, istituito relativamente di recente e che ha come particolarità il fatto di avere un patrimonio autonomo, e che raccoglie il denaro presso i risparmiatori per poi gestire gli investimenti tramite una SGR (scopri qui di cosa si tratta), lasciando il capitale investito e quello societario sempre separati.

I fondi comuni vengono gestiti da professionisti della gestione dei capitali, che in genere preparano un pacchetto di fondi adatto a risparmiatori con una determinata disponibilità di capitale e dotati di una determinata propensione al rischio.

Si tratta di una modalità di investimento particolarmente interessante, in quanto forma di risparmio gestito che dovrebbe permettere, almeno nelle intenzioni di chi gestisce la SGR, ritorni maggiori rispetto a quelli che vengono invece portati a casa da chi investe in proprio.

Il caso dei fondi etici

All’interno della macro-categoria dei fondi comuni di investimento si trovano anche i fondi etici.

In questo caso parliamo di organismi di investimento collettivo organizzato, organizzati a fondo comune, quindi con patrimonio autonomo da suddividere in quote, il cui gestore non gestisce il capitale soltanto in virtù della possibile massimizzazione dei profitti, ma anche per investire in azioni, titoli di credito e strumenti che possano svolgere una funzione solidale o comunque etica.

In Italia inoltre i fondi etici sono esenti da Tobin Tax (la tassa sulle transazioni finanziarie).

I fondi etici tendenzialmente evitano ad esempio di investire su aziende sensibili (pensiamo all’industria delle armi o dell’alcol) o comunque di organizzare il piano di investimento per finalità etiche e che spesso esulano dalla massimizzazione del profitto.

Le categorie dei fondi comuni

I fondi comuni possono essere ulteriormente divisi in:

  • Fondi liquidità: che non possono investire in alcun modo in titoli azionari.
  • Fondi obbligazionari: non investono in azioni (se non al massimo per il 20% per i fondi obbligazionari misti), preferendo appunto investire in titoli di stato e titoli di debito emessi dalle imprese.
  • Fondi bilanciati: possono investire dal 10% al 90% in azioni, durante il corso della loro vita.
  • Fondi azionari: almeno il 70% del patrimonio viene investito in azioni.
  • Fondi flessibili: sono gli unici a non avere alcun tipo di vincolo nella gestione dei fondi e possono investire negli strumenti che ritengono più opportuni.

Dovremmo considerare il rischio insito nell’investimento come crescente, seguendo la lista di cui sopra.

I fondi di liquidità dovrebbero essere i più garantiti, mentre i fondi flessibili (anche se molto fa ovviamente lo spirito di gestione del fondo) potrebbero diventare i più rischiosi, e anche i più remunerativi.

Fondi comuni e derivati

Tutti i fondi comuni, con l’eccezione dei fondi flessibili, hanno una percentuale massima da contratto che può essere investita, in relazione al capitale, in derivati (scopri qui cosa sono).

Il calcolo dei massimi non va fatto sul costo del derivato stesso, ma sulla consistenza virtuale del sottostante incorporato nel contratto derivato: questo limita il ricorso possibile anche alla leva finanziaria da parte del gestore, fatta appunto eccezione per chi gestisce fondi flessibili.

Si tratta anche in questo caso di una misura che sarebbe tesa, almeno per quanto previsto contrattualmente, a limitare il rischio insito in fondi comuni che sarebbero pensati appunto per risparmiatori con una bassa e media propensione al rischio.

Il caso degli Hedge Fund

Gli Hedge fund sono forse tra i fondi più conosciuti al mondo, complice anche quella che è una reputazione sicuramente non ottima, e non solo per chi vi ha partecipato.

Sono stati e continuano ad essere accusati delle peggiori nefandezze, senza che quanto poi gli venga contestato trovi riscontro nella realtà.

Ad ogni modo gli Hedge Funds sono destinati in Italia (ma più in generale in tutti i paesi dove vengono organizzati) a risparmiatori molto facoltosi, dato che le quote di accesso sono particolarmente onerose (si parte in genere da 500.000 euro), con un profilo di rischio in genere medio alto che dunque è in grado spesso di attirare soltanto quei soggetti che possono davvero disporre di cifre del genere con una certa tranquillità.

Gli Hedge Fund sono una delle realtà più importanti nel moderno mercato finanziario e gestiscono, nel momento in cui vi scriviamo capitali tali e utilizzati con leve di misura tale da essere responsabili di circa la metà delle negoziazioni di tutte le maggiori borse mondiali.

Numeri incredibili, da capogiro, che dimostrano come gli hedge fund, nonostante qualche battuta d’arresto e nonostante più di qualcuno ci abbia rimesso anche capitali importanti, siano ancora una forma di investimento molto popolare, gestita in modo molto aggressivo e che ha come unico obiettivo quello della massimizzazione del profitto, senza alcun tipo di limitazione sulla composizione dei pacchetti e dei portafogli, proprio come avviene per i fondi flessibili di cui abbiamo parlato poco sopra.

Fondi pensione

I fondi pensione sono strumenti che appartengono in Italia al sistema pensionistico privato, utilizzati principalmente per garantire al lavoratore una pensione complementare.

Con il fondo pensione il lavoratore accantona somme periodiche, in genere su base mensile, e quindi con un piano di accumulo periodico.

Si tratta, al contrario di quanto avviene con il sistema pensionistico di primo pilastro (quello gestito dall’INPS per capirci), di un investimento di carattere assolutamente volontario.

Anche i fondi pensionistici possono essere divisi per categorie, a seconda dei tipi di titoli che possono detenere:

  • I fondi pensionistici azionari hanno in portafoglio azioni almeno per il 70%.
  • I fondi bilanciati azionari hanno invece in portafoglio azioni tra il 50 e il 90%.
  • I fondi bilanciati hanno in portafoglio tra il 30% e il 70% di azioni.
  • I fondi obbligazionari invece hanno soltanto titoli come obbligazioni statali in portafoglio, non possono in alcun modo detenere azioni.
  • I fondi monetari: non hanno alcun tipo di azione in portafoglio, investono su strumenti ad alta liquidità.
  • I fondi flessibili: possono gestire in assoluta autonomia il portafoglio, con l’obiettivo della massima redditività del capitale investito.

Fondi immobiliari

Nonostante la recente crisi immobiliare, investire nel mattone continua ad attirare le attenzioni di moltissimi risparmiatori, che se non volessero gestire per conto loro un patrimonio immobiliare consistente, potrebbero costituire o partecipare ad un fondo che investa appunto il grosso del patrimonio conferito in immobili.

I fondi immobiliari sono appunto dei fondi che trasformano gli investimenti immobiliari in quote di attività finanziarie: si può dunque andare a investire con rendimenti che sono in genere proporzionali con l’andamento del mercato immobiliare.

I fondi immobiliari hanno una dotazione patrimoniale prestabilita, che viene sottoscritta da un numero determinato di investitori, che puoi una volta cominciate le operazioni di acquisto e di vendita, varierà a seconda degli incassi e delle spese.

Le sottoscrizioni sono in genere aperte fino a quando l’ammontare del patrimonio sia stato completamente coperto, aprendo poi alla fase di selezione degli immobili da acquistare.

Le politiche che il fondo immobiliare dovrà seguire sono in genere stabilite per contratto di sottoscrizione, sul quale verranno individuate le tipologie degli immobili sui quali investire e talvolta anche zone da edificare da zero oppure aree da rinnovare completamente.

Si tratta di fondi che sono tipicamente di lungo periodo e che possono far registrare dei buoni ritorni soprattutto per chi può permettersi il lusso di una certa pazienza, dato che i migliori incassi si registrano in genere dopo periodi decisamente lunghi.

Gli ETF

ETF è acronimo di Exchange Traded Fund, ovvero una particolare categoria di fondi che hanno come particolarità:

  • il fatto di essere scambiati alla borsa valori, proprio come se si trattasse di azioni
  • sono collegati all’andamento di un determinato indice, e quindi ha una gestione totalmente passiva, senza manovre per massimizzare il profitto; scelto l’indice, per intenderci, il fondo lo replicherà.

Tra i vantaggi che sono collegati con questo particolare strumento di investimento non possiamo che trovare il fatto di avere a disposizione un’ottima diversificazione senza costi di leva o complicatissime operazioni finanziarie.

inoltre andrebbe anche considerato ovviamente il fatto di mettersi in portafoglio quelli che sono titoli facilmente scambiabili sulle piazze, con il capitale che può tornare in mano nostra alla stessa velocità di scambio del mercato azionario.

SICAV

Le Sicav sono invece società collettive a risparmio variabile, che sono state introdotte nel nostro ordinamento (in seguito ad una direttiva europea del 1985) soltanto nel 1992.

Si tratta di una sorta di fondo comune di investimento, che però rispetto a questo ha una importantissima differenza: nel caso della SICAV infatti, non si acquista una quota di un fondo che viene poi amministrato da una SGR, ovvero una società di gestione del risparmio, ma si acquista direttamente quella che è una quota della società che gestisce l’investimento, senza che i capitali siano separati.

Le SICAV dunque non operano in regime di separazione patrimoniale con le quote di capitale detenuto dai soci, ma piuttosto si formano, acquistano strumenti con le devoluzioni dei soci e rendono i soci partecipanti del capitale stesso della società.

Per legge la SICAV deve essere:

  • Una società per azioni, non essendo ammessa altra forma societaria.
  • Una sede legale e amministrativa all’interno del territorio italiano.
  • Un capitale sociale minimo stabilito, anno per anno, dalla Banca d’Italia.
  • I requisiti di onorabilità e di professionalità, sui quali ha potere di sindacare la CONSOB.

Il vantaggio rispetto ai fondi hedge è quello di avere a disposizione un fondo che non richiede investimenti eccessivi, e la cui titolarità sarà rappresentata da azioni che possono essere, in ogni momento, cedute senza troppi problemi, rientrando del capitale investito (al netto però degli eventuali guadagni o delle eventuali perdite).

I Piano di accumulo del capitale per i fondi delle OICR

Relativamente di recente sono stati introdotti per tutti gli OICR i piani di accumulo del capitale, o anche PAC.

Si tratta di programmi di investimento che prevedono il versamento di somme regolari, per un periodo determinato sul contratto.

Questa modalità di accumulo del capitale permette agli investitori di avere:

  • un accantonamento del risparmio che è progressivo e che permette di investire somme importanti anche a chi non ne ha a disposizione al momento della sottoscrizione;
  • la riduzione dell’investimento insito del rischio, che dipende dal fatto che il capitale viene versato alle condizioni di mercato vigenti, andando ad assorbire, sul lungo periodo, la possibile volatilità.

Sul secondo punto ci sono stati studi e ricerche recenti che hanno messo, a buon diritto, sotto accusa la tecnica, affermando che in realtà non ci sono certezze di una spalmatura del rischio efficiente, con l’investitore a PAC che potrebbe vivere rischi anche maggiori di chi versa in soluzione unica.

Ad ogni modo si tratta di un interessantissimo strumento per i risparmiatori, che possono conferire denaro in un fondo comune o una Sicav una volta al mese, permettendo al denaro di crescere.

A chi conviene investire in OICR?

Come dovrebbe essere chiaro a questo punto della trattazione, dentro la categoria delle OICR finiscono modalità di investimento particolarmente variegate, caratterizzate dalla presenza di diversi sottostanti e di diversi titoli, con propensioni al rischio anche molto diverse tra l’uno e l’altro strumento.

Unico fattore comune è il fatto di trattarsi di forme di risparmio gestito, che permettono dunque, seguendo sempre quella che è la linea imposta al gestore dal contratto di sottoscrizione.

Le OICR sono dunque adatte a tutti quei risparmiatori che vogliono investire in modo differenziato, senza preoccuparsi di gestire direttamente il capitale e portare a termine acquisti e vendite.

Può essere un lato positivo, soprattutto per chi non ha il tempo, le conoscenze e gli strumenti per investire i propri capitali direttamente. Può essere però anche un lato negativo, dato che una volta affidato al gestore, il nostro capitale non avrà modo di essere gestito da noi direttamente e anche nel caso in cui le decisioni dell’amministrazione dovessero configgere con le nostre, non ci sarà poi molto da fare.

Le OICR inoltre hanno da sempre rendimenti alterni rispetto ai principali indici di mercato: scegliere quella giusta potrebbe procurarci guadagni importanti, scegliere quella sbagliata potrebbe invece voler dire investire i nostri capitali in modo assolutamente non congruo, guadagnando molto meno di quello che avremmo potuto fare per conto nostro o affidandoci ad un’altra forma di risparmio gestito.

Se sei interessato ad altre forme di investimento scopri la nostra sezione dedicata.


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Laura Magistrale in Marketing e Comunicazione d’Impresa (2004) conseguita a pieni voti presso l’Università degli Studi di Torino e Master di II livello presso la Facoltà di Economia di Torino (2006). Scopri di più su Anna e la redazione qui

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